Artisti Professionisti

“L’invisibile nell’aria è qualcosa che può solo essere percepito e non compreso razionalmente. È quell’aura che circonda un’opera d’arte, quella devozione che si respira in una chiesa, quella magia che ti avvolge davanti a un grandioso spettacolo della natura. Per fare degli esempi macroscopici… ma, in realtà, lo stesso ambiente in cui siamo immersi, che quotidianamente viviamo, nel mio caso lo studio, è luogo di accadimenti invisibili, di insondabili cortocircuiti tra spazio/tempo che non possiamo captare se non abbandonandoci, lasciandoci attraversare da queste “atmosfere”. Per me è una sorta di meditazione al termine della quale ritrovo il mio corpo pregno di emozioni, di stati d’animo incogniti che sento l’urgenza di esprimere sulla tela. La pittura diventa allora il medium attraverso il quale posso ricreare quello stato misterico di cose da cui sono stato invaso e condividerlo con gli altri affinché possano a loro volta sperimentarlo”.

Manuel Bonfanti nasce a Bergamo il 22 Gennaio 1974, vive e lavora tra Bergamo e Kazan.

Si diploma all’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, frequentando i corsi di Luciano Fabro e Alberto Garutti.

Per il progetto Erasmus studia fashion design in Finalndia allo Jyuvaskila Politechknic, dove approfondisce gli studi su Aalvar Alto ed il simbolismo nell’arte nordica.

Contemporaneamente agli studi, vivendo a Milano, è assistente di galleria da Manica De Cardenas, dove può collaborare per l’allestimento di mostre e fiere d’arte e conoscere artisti come Orozco e Opie, dimostrando interesse per le nuove dinamiche della Pop Art.


Paolo Guarnieri è nato nel 1957 a Occhiobello in provincia di Rovigo.

Vive e lavora a Milano.

“Di Paolo si può ammirare quel dettaglio  nei particolari come di un qualsiasi pittore dopo anni di studi. La particolarità di paolo che tutto quello che esce da lui dai suoi colori dalle sue tele nasce dal gesto più selvaggio nostro, paolo disdegna le regole paolo rifiuta di disegnare la modella davanti alla modella. Paolo è un anticonformista, da qualsiasi punto in cui lo si guarda.  

Sperimenta distrugge rimescola i colori i finali le sostanze e le espressioni; una sorta di Ligabue che ha rifiutato di seguire qualsiasi scuola di pittura ed è arrivato a costruire figure che parlano per lui.

Ogni quadro crea un dialogo a se per ogni spettatore che lo guarda.   

Il messaggio di volta in volta può cambiare -ma una cosa rimane fissa la sua pennellata decisa e allo stesso tempo altalenante. 

Paolo è uno di quegli artisti che ha il coraggio di continuare a rimettersi in discussione, non affronta con saccenza ciò che accompagna il suo gesto pittorico, lo affronta come un bimbo che gioca per la prima volta con i suoi colori, aggiungerei con quella selvaggia saggezza di un bimbo che dipinge nel modo più naturale puro in cui può dipingere disegnare un uomo saggio adulto col cuore di un bambino”.

– Giovanni Manzoni Piazzalunga.

“Noi siamo carne sensibile.

Animali razionali con un’intelligenza diversa per un gruppo ristretto della nostra specie: gli artisti. Tra questi c’è chi esprime con il disegno la propria personalità come un filtro sul mondo.

Anche il corpo si comporta come una matita, lascia il segno.

L’eros non si ferma ad osservare, cerca l’incontro con l’altro e quando lo trova traccia un percorso fatto di gesti e inviti, il corpo si svela e si cela per avvicinarsi o fare avvicinare”. 

Giovanni Manzoni Piazzalunga nasce a Cochabamba (Bolivia) nel 1979 e risiede in Italia dal 1980. Diplomato all’Accademia di Brera con 110 e lode, vive e lavora a Milano in uno studio in via Derna 23. crede nel disegno come rappresentazione del pensiero, il primo gesto di ogni espressione artistica: la più congeniale perché diretto e comprensibile del soggetto o dell’intreccio di soggetti, e personale e unico come la grafia, traccia del proprio passaggio.

Si ispira ai grandi maestri cinquecenteschi, ma anche al muralismo messicano per l’idea di avvolgere lo sguardo e l’intera persona dell’osservatore. 

La scoperta do Orozco e Rivera si tramuta in sogno di realizzare opere sempre più monumentali, grandi muri o carte istoriate. 

Durante la giovinezza nasce l’idea dell’uso del caffé: cifra stilistica personale e insostituibile per l’aspetto cromatico. Conferisce corpo al disegno, armonizza gli elementi grafici e dà loro intensità, supplisce ad una visione etica ed ecologica della pittura. Ciò che prima era cibo e che si sarebbe ridotto a scarto, si rigenera nel dripping o velature come materia utile e necessaria nella colorazione e caffé e tè diventano componente insostituibile. 

Il materiale ha una sua personalizzazione, insieme al tratto agile e all’accumulazione anatomica prorompente: tutto concorre a dare un gusto rinascimentale mescolato però alla tecnica Pollockiana e indirettamente all’idea del riciclo e del cambio di funzione. Il passato viene così riattualizzato. 

L’eredità da egli più sentita resta comunque la potenza delle anatomie e della struttura grafica di Michelangelo da cui egli fa germogliare una rinnovata gioia di vivere dei corpi e delle movenze e il desiderio di farci trovare di fronte ad un’arte di semplice comprensione, muralista, street art. 

L’immagine viene pensata e disegnata nella sua interezza e poi scomposta in riquadri e il disegno di ciascuno ingrandito su porzioni di carta più grandi della versione originale. In seguito ogni parte è assemblata a riformare l’interezza della composizione, lasciando traccia della separazione e grande a queste griglie la monumentalità perde l’aura di solennità austera per mantenere un impatto emotivo che si avvicini all’uomo moderno. 

Ribalta il significato dell’iconografia classica e religiosa per manifestare contraddizioni della cultura occidentale e italiana dove è cresciuto. 

“Dio ha già dipinto l’esistente. Gli artisti cosa dovrebbero fare? Una brutta copia?  No, il nostro compito è ritrarre ciò che non c’è”.

Maurizio Radici è nato a Palazzolo sull’Oglio nel 1958.

Si diploma alla Biennale di grafica e architettura e prosegue gli studi negli anni ’80 all’Accademia di Carrara delle Belle Arti di Bergamo, avendo l’opportunità di essere seguito da noti maestri italiani, tra cui Italo Ghilardi.

Nel corso della sua carriera ha esposto in Italia e all’estero, sviluppando uno stile che, partendo dall’arte figurativa classica, è arrivato all’astrazione.

Le sue sono figure quasi magiche, concrete ma indefinibili, appartenenti ad un mondo altro.

La sua pennellata è vigorosa, i colori decisi. Rosso, nero, bianco.

Possono sembrare inquietanti, ma vogliono risvegliare la forza che è dentro l’osservatore e che resta dentro, senza muoversi. 

Con la sua pittura cerca di liberare energia.

Radici non è religioso, quanto piuttosto mistico e fortemente simbolico.

Tra i suoi maestri, per tecniche e concetti, El Greco, con i suoi cromatismi arditi, Emilio Vedova e Francis Bacon, con la loro forza espressiva e l’energia.

Nasce a Forlì nel 1940.

Si iscrive all’Accademia di Ravenna e assiste alle lezioni di Storia dell’Arte di Raffaele de Grada.

L’artista innesta una tensione pittorica fondata sul valore della materia e sulla pregnanza gestuale dell’immagine.

Negli anni settanta e ottanta è invitato a diverse edizioni della Biennale d’arte di Romagna (1976-1982) e tiene personali presso la Galleria di S. Mercuriale, Forlì (1980), il Palazzo del Podestà, Faenza (1980) e la Galleria Nuovo Ruolo, Forlì (1984).

Nel corso degli anni novanta è presente in mostre ed eventi artistici in Italia, Germania, Olanda, Belgio, Spagna, Francia.

E’ del 1995 la personale “Ver Sacrum” all’Oratorio di San Sebastiano di Forlì a cura di Valerio Dehò, con una testimonianza critica di Franco Patruno.

Negli anni duemila è invitato ad importanti manifestazioni artistiche, tra cui “Novecento in Romagna”, Cesena (2001) a cura di Claudio Spadoni e “Trentaquaranta” a cura di Orlando Piraccini, presso la Galleria Comunale, Faenza (2003). Infine, “Percorsi comunicanti” in Palazzo Albertini, Forlì. Dalla mostra alle Pescherie della Rocca di Lugo (Ravenna) nel ’98, alla personale a “Venezia Arte” nel ’99, dalla grande esposizione al Museo del Senio di Alfonsine (Ravenna) nel 2003 alle più recenti personali al Palazzo del Commercio di Lugo “Opere 2003 2010” e al Museo S.Rocco di Fusignano (Ra) “Paure”, è un costante ripetersi dell’empito passionale e dell’enfasi operativa di Spazzoli, in una continua ossessione del fare, frenetica, inappagata e inappagabile.

Nel 2009 l’artista e’ invitato da Claudio Spadoni al prestigioso Premio Marina di Ravenna nella sede del MAR Museo d’Arte della Città.

Partecipa anche, su invito, alle edizioni 2008 e 2010 della Biennale Roncaglia, S.Felice sul Panaro.

Nel 2011 tiene la personale “Vanni Spazzoli. Magazzino dei ricordi” nella sede de L’Ariete artecontemporanea a Bologna, corredata da un catalogo monografico vanillaedizioni con testi di Eleonora Frattarolo e Claudio Spadoni.

Del 2014 la personale “Inner patterns” ancora all’Ariete artecontemporanea di Bologna con testo di Marco Dalpane e presentazione delle covers dell’etichetta discografica “A simple lunch” tratte da sue opere, catalogo vanillaedizioni.

Dal 2008, Vanni Spazzoli è rappresentato dalla galleria L’Ariete artecontemporanea di Bologna, con la quale ha partecipato dal 2008 al 2015 ad Arte Fiera (Bologna), Art Verona e MiArt (Milano), riscuotendo notevoli consensi di pubblico e critica.  Sue opere sono in numerose collezioni italiane e internazionali.

Nel 2013 gli è stata dedicata una grande retrospettiva dal titolo “VANNI SPAZZOLI. Nuovi e antichi racconti” a cura di Claudio Spadoni nella sede degli Antichi Magazzini del Sale a Cervia, catalogo monografico.

La sua arte raccoglie e racconta il dramma dell’animo umano nella sua catarsi con un’originale scrittura pittorica aggressiva, dal tratto quasi fanciullesco.

“Lo sguardo ultra-retinico di Carlo Previtali riesce, con umanistica naturalezza, a navigare dolcemente nel metaspazio spirituale e a cogliere, in rara sintesi, la complessa eppur intima armonia che adorna l’essere attraverso ciascun stato dell’animo”

– Claudio Caserta, critico e storico dell’arte.

Carlo Previtali è nato a Bergamo nel 1947. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico, si è iscritto all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano diplomandosi nel 1975 alla scuola di scultura di Alik Cavaliere. Nel 1981 si è laureato in Architettura presso il Politecnico di Milano.
La sua attività d’insegnamento si è concentrata a Bergamo quale docente di discipline plastiche presso l’Istituto d’Arte Andrea Fantoni, l’Accademia di Belle Arti Carrara, il Liceo Artistico di Bergamo e poi di Lovere (Bg).
La sua attività espositiva ha inizio negli anni sessanta con la partecipazione ad alcuni concorsi a cui seguono mostre collettive e personali sia in spazi pubblici che privati e partecipazioni alle più importanti fiere d’arte d’Italia.

Carlo Previtali ha trovato nel mondo classico e della mitologia greco-romana la rivelazione delle proprie più profonde ragioni d’artista. Attraverso le tematiche dell’antico, Previtali ha potuto valorizzare la propria vera indole, la cui intima natura è lunare, cioè tendente al visionario, al meraviglioso, all’onirico, al magico, all’esoterico, all’occulto, all’oscuro, all’alchemico, al carnevalesco, al grottesco e al macabro, secondo quella plurisecolare lezione “umbratile” dell’arte europea che va dall’Ellenismo al Manierismo tardocinquecentesco, dal Barocco al Grechetto e a Salvator Rosa, dalle incisioni di Callot alle bautte veneziane settecentesche, da Blake a Goya, dal simbolismo di Wildt fino al Surrealismo. Previtali è essenzialmente uno scultore di teste, di volti e di fisiognomie, anche se non mancano le opere a tutta figura, ulteriori documenti del suo magistero capace di plasmare in una lingua odierna, personale e riconoscibile, le risorse e i portati di mestiere del modellato accademico.

Nell’attività ceramistica di Previtali, intrapresa in modo pressoché esclusivo a partire dal decennio ’90, vediamo fondersi reminiscenze classiche e memorie mitiche sotto il serrato dettato dell’occhio, del colore e di un temperamento visionario. Per dar vita a questo suo repertorio iconografico l’artista si è dedicato totalmente a una tecnica d’origine extraeuropea, il raku, inventato nel Giappone medievale per produrre le stoviglie della cerimonia del tè: un sapiente dosaggio di calore e di ossigeno, dove sali metallici e ossidanti creano peculiari effetti di cromatismo, in una “casualità” di superfici e di colori che l’autore si limita a governare, lasciando comunque un adito all’imprevisto, all’unicità del risultato finale. La scultura di Previtali, cromaticamente ricercata, dalle tonalità serotine e notturne, sfumate, volatili, acquose, percorsa di sottili, espressive craquelures, esprime un sentimento mitico dello stato di natura, della vita e delle sue potenze, come s’addice a un novelliere, o piuttosto a un capocomico che sia sovrano esclusivo e geloso di un proprio inquietante teatro di maschere e di personaggi.
E’ ormai numeroso, oltre che policromo, il popolo di esseri fantastici creato in questi anni da Previtali: le ninfe addormentate, spesso bifronti come Giano; le bellissime Nereidi; le Meduse decollate, talora con una colorazione celeste che rammenta i cieli surrealisti di Magritte; le molte Giuturne il cui corpo si liquefa, icone d’un eterno femminino angelicato e magico, trasfigurato a emblema del mondo incantato; i Bacchi melanconici coronati di pampini; i fauni arguti, belluine maschere che evocano il teatro greco-romano e quello giapponese; i personaggi del mito di sangue come Marsia (lo scorticato vivo dal dio Sole, prefigurazione del cristiano san Bartolomeo) o di berniniana memoria come Apollo e Dafne, raccontati in uno splendido, monocromo dittico di candida maiolica; l’Ermafrodito, inquietante ma divino figlio di Ermes e di Afrodite; le tre ossute e spaventose Moire che detengono i nostri destini; i satiri che ritrovano il teschio di Polifemo, così enorme da somigliare a una caverna o a una montagna; e altri personaggi ancora.

Stefano Rossetti è un designer e artista milanese con un background internazionale.

I suoi lavori sono poliedrici e spaziano tra arti visive, scultura e design.

È inoltre fondatore e art director dell’agenzia creativa PEPE nymi, con sede a Milano nel quartiere Isola.

Rossetti nella sua arte dà forma ad un mondo altro, ad una dimensione in cui tutto è simbolo in una sintesi narrativa di archetipi e immaginario contemporaneo.

Negli ultimi anni ha dato vita a diverse installazioni di grande impatto visivo ed emotivo grazie al suo Rossetti Design Park, un progetto in divenire protagonista delle ultime Design Week, ma anche di un’installazione al Mudec di Milano (il Museo delle Culture) lo scorso marzo e di diversi eventi internazionali.

A Sarnico Rossetti ha presentato il 19 ottobre scorso anche l’installazione Design Park Sarnico, un allestimento speciale con le sue sculture e i suoi arredi urbani che raccontano l’amore con ironia e candore, mescolando arte e design che regalano una esperienza unica su 2 chilometri della passeggiata del lungolago di viale Garibaldi.

Non solo corpi da ammirare, non solo madri o vittime da proteggere: così come le luci e i colori forti e audaci emergono dal fondo nero dei dipinti, allo stesso modo le sue figure con vigore dichiarano il loro diritto di emergere e liberare tutti i loro colori, al di fuori delle facili etichette che la società riserva loro.